Quando si tratta di abbigliamento maschile si sa che, rispetto alle donne, le opzioni sono alquanto limitate! Di conseguenza, ciò su cui la maggior parte di questi fa affidamento sono i jeans da uomo. Che siano i regular di Neil Barrett o gli straight-fit di Kiton, il denim trova sempre posto nell’armadio maschile. Dalle silhouette skinny di Balmain e Off-White, ai jeans di Dsquared2 con gli strappi, in ogni sua derivazione, questo capo è decisamente il perfetto compagno di viaggio per eccellenza.
Sin dai suoi esordi, il jeans ha conosciuto una costante ascesa, fino a diventare il simbolo della società occidentale, usato fondamentalmente in tutti i paesi del mondo, in tutte le classi sociali e diffuso in tutte le fasce d’età. L’utilizzo dei jeans da parte di molte popolazioni rappresenta una grande rivoluzione sociale, senza distinzioni di razze o religioni, estesa a livello globale e che stabilisce l’uguaglianza tra razze e sessi, sopprimendo le distinzioni tra le varie classi sociali.
Il denim o tessuto di jeans è un composto di cotone e nylon, la cui tessitura in diagonale, lo rende una stoffa particolarmente robusta e adatta per la produzione di capi da lavoro. La sua nascita, risalente all’incirca intorno al XV secolo, segna l’inizio della decadenza del fustagno, una stoffa robusta tinta di blu con il guado, che all’epoca era prodotta in Piemonte.
I termini denim e jeans sono due sinonimi usati per questo tipo di tessuto e ad ognuno viene attribuita una teoria, non molto precisa, riguardante la rispettiva origine. Ecco che infatti il primo prenderebbe il nome dalla città di Nîmes in Francia, un tempo chiamato ‘serge de Nîmes’, mentre il secondo indicherebbe la storpiatura derivata dall'antico termine ‘Jeane’ o ‘Jannes’ utilizzato per nominare la città di Genova, dove si produceva la ‘tela di Genova’. Il porto della città genovese era, infatti, uno dei maggiori d’Europa e da lì partivano le navi cariche di questo tessuto, dirette in tutto il mondo, compresa l’America. Inizialmente questi tessuti erano di cotone, o di cotone misto lino e canapa, ed erano tinti con l’indaco: un colorante naturale che, con il susseguirsi dei lavaggi, sbiadiva. Fino al 1890, il classico colore blu non era l’unico impiegato nella produzione dei jeans, infatti il kaki era ugualmente utilizzato.
Negli Stati Uniti del XIX secolo, la produzione di indumenti e materiali da lavoro in tessuto di jeans si fa sempre più imponente. Nel 1853, infatti, in seguito alla scoperta dell'oro in California, l’imprenditore tedesco Levi Strauss fonda a San Francisco l’azienda tessile Levi Strauss & Co., nota oggi con il marchio Levi's, con l’idea di vendere capi d'abbigliamento utili ai cercatori d'oro. Questi indumenti inizialmente erano poco resistenti e scomodi, così Strauss prova a migliorarne le qualità utilizzando il denim. Il modello dei jeans prodotti da Levi Strauss, ossia un cinque tasche con bulloni per rinforzare le cuciture, mirava inoltre a non sprecare il tessuto e a farlo aderire al corpo tramite accorgimenti, come ad esempio la baschina triangolare posta nella parte posteriore.
Al sarto Jacob Davis invece, si deve il brevetto dei rivetti in rame che avevano il compito di rafforzare la tenuta dei pantaloni e delle tasche. Quest’idea portò all’eliminazione dei bottoni di metallo, mentre soltanto agli inizi degli anni 50’, i bottoni utilizzati per l’allacciatura verranno sostituiti dalle zip.
Allo scadere dell’esclusività del brevetto dei rivetti, tante sono le aziende che vogliono riprodurre quel capo, da qui infatti, si assisterà alla nascita di altri marchi noti tutt’oggi nel mercato del jeans, come Wrangler (ex Blue Bell) e Lee.
In Europa, i jeans di Levi’s arrivano con gli alleati americani tra la fine degli anni 40’ e i primi anni 50’, come indumenti da riposo dei militari e riscuoto immediatamente molto successo: agli occhi degli europei rappresentano un simbolo molto forte di libertà e ricchezza.
In America, i jeans vengono invece usati sia per lavorare che per il tempo libero fino alla metà degli anni 50’ quando, le giovani generazioni se ne impadroniscono e ne fanno un capo sovversivo, figlio del ‘Rock and Roll’, che rappresenta il primo fenomeno di contro moda. Questo ideale di ribellione viene poi celebrato con il cinema: da Marlon Brando, ne ‘Il Selvaggio’, che, con il suo outfit, ridefinisce l’idea di jeans da uomo, procurandogli uno spirito di rivolta, fino a James Dean che rinnova quest’ideale nel film ‘Gioventù Bruciata’ diventando il modello di tutta una generazione.
In campo musicale invece, a personificare l’archetipo di eroe ribelle spicca la figura del cantante rock Elvis Presley. Ironicamente, nonostante era solito indossarli in campagne pubblicitarie e film, in realtà Elvis non amava i jeans. Per lui, come per la maggior parte delle persone provenienti dal mondo operaio, erano infatti solo un richiamo al duro lavoro e alla povertà.
La vera consacrazione dei jeans da uomo arriva però nel 1968. Siamo in pieno nel periodo delle rivolte giovanili con le contestazioni studentesche e della guerra del Vietnam, e in risposta al crescente sviluppo di questa moda, molte scuole superiori della classe media bandiscono il tessuto, considerato troppo ‘pericoloso’ per gli ideali di quel tempo. Gli adolescenti americani di tutti i ceti sociali si accalcano invece, per abbracciare questo look, contribuendo ad una rivoluzione sociale e nonostante fossero radicalmente antiamericani, continuarono a indossare quello che era uno dei simboli più emblematici degli USA.
Questi giovani anticonformisti, seguendo l’inno di “Pace e Amore” applicano fiori e disegni colorati ai loro denim, rendendoli il simbolo del movimento dei ‘figli dei fiori’. Grazie allo spirito creativo di questi ultimi si diffondono i jeans ‘a zampa d'elefante’, sfrangiati, larghi al polpaccio e stretti in vita. Il modello Levi’s 501 rappresenta la divisa della protesta e sarà il colore predominante nelle foto del festival di Woodstock del 1969. Oggi, l’esempio più concreto di questa moda a cavallo tra gli anni ’60 e 70’ lo si può trovare nei jeans Gucci da uomo. Questi ultimi infatti seguono i canoni estetici di quell'epoca e rappresentano la perfetta armonia tra creatività contemporanea ed eleganza classica.
Negli stessi anni, in Italia, spopolano i jeans di Roy Roger’s, distribuiti dall’azienda fiorentina Manifatture 7 Bell. Questi diventano celebri per la caratteristica delle cinque tasche e delle cerniere lampo sulle tasche posteriori.
Il denim imprime con tanta forza la sua personalità in un’epoca creativa e rivoluzionaria come gli anni 70 e, col declino della contestazione, le varie griffe se ne impadroniscono per farne un capo di abbigliamento elegante. I jeans di Calvin Klein sono i primi a far parte di questo cambiamento e vengono lanciati sul mercato nel 1978 tramite una provocatoria campagna pubblicitaria con protagonista una giovanissima Brooke Shields.
Sempre intorno al 1970, in Inghilterra spopola invece il fenomeno del ‘punk’: un movimento anarchico che crea una spaccatura con la società contemporanea. I seguaci di questo di questo movimento ribaltano i modelli estetici predominanti prendendo spunto dalle collezioni di jeans di Vivienne Westwood, fondatrice e icona per eccellenza del punk, che porta in passerella denim principalmente scuri, usurati e strappati all’altezza delle ginocchia.
A partire dal 1980, con l’avvento dello ‘yuppismo’, qualsiasi ditta di abbigliamento ne produce almeno una propria linea: con l’avvento dei jeans di Versace, Valentino, fino ai denim di Trussardi, questo modello diventa un oggetto di lusso, nobilitato e reso costoso dall’etichetta di noti stilisti. Gli uomini borghesi lo abbinano a giacca e cravatta e creano così una forma di compromesso tra le diverse generazioni. In Italia i gruppi di giovani si distinguono in base alla marca che indossano: i ‘paninari’ vestono principalmente i jeans di Armani o di Wrangler, corti fino alla caviglia e col risvolto; i ‘freeks’ portano i denim della Lee; altri gruppi meno definiti invece, si rifanno ai più classici Levi’s.
Una grande influenza di questo periodo, che ha aiutato il jeans da uomo ad avere una popolarità globale, non più confinata dunque al solo continente nordamericano, è sicuramente l’album Born in the U.S.A. del 1984, di Bruce Springsteen. La copertina di questo disco ritrae il fondoschiena del cantante con indosso un paio di denim targati Levi’s, che risaltano dallo sfondo composto da una bandiera americana. Questa, diventa involontariamente una pubblicità che promuove l’americanità e porta il resto del mondo ad ambire al sogno americano, contraddistinto dagli ideali di libertà, successo e denaro, rappresentati dal blue jeans.
Negli anni '90, altre case di moda entrano nel mercato del jeans e vengono popolarizzate le versioni vintage, che danno una sensazione di denim vissuto: ne sono un esempio i jeans di Dior insieme a quelli di Dolce & Gabbana. Le industrie ricercano dei metodi per ammorbidire e invecchiare il tessuto con lo scopo di rendere questi pantaloni, seppure appena usciti dalla fabbrica, come usurati. In base ai dettami di questa moda, i jeans, più sono strappati, scuciti e sdruciti, più acquistano valore estetico.
I processi di lavaggio che ricreano questa idea di deterioramento variano dallo stone washed (il lavaggio con la pietra pomice o altro materiale), passando per la sabbiatura (una levigatura del tessuto con la sabbia), fino alla spazzolatura automatica (intervento con spazzole abrasive).
Quando si parla di anni 90’ inoltre, non si può non menzionare l’incredibile ascesa dei jeans Diesel che in quel periodo dominavano la scena del denim con i loro spot televisivi. Collaborando con i fotografi più influenti del momento come David Lachapelle, Terry Richardson, Ellen von Unwerth o Erwin Olaf, il marchio italiano è risultato all'avanguardia grazie al suo straordinario marketing, sia nella pubblicità cartacea, che in quella televisiva. Nel 1995 il brand lancia infatti una delle campagne più popolari e provocatorie di sempre: quest’ultima ritrae due marinai che si baciano durante i festeggiamenti della fine della seconda guerra mondiale.
Ad oggi, il jeans da uomo è il primo capo globalizzato per eccellenza. Nel 1999, la rivista Time, lo ha selezionato come il capo più rilevante del XX secolo, in quanto questo indumento, pratico, unisex e omogeneo, ha fatto si che l'abbigliamento differenziato per classi sociali, per età e per sesso, venisse almeno in parte abolito.
Individuare il jeans perfetto vuol dire aggiudicarsi un capo d’abbigliamento adatto a qualunque situazione. Si tratta infatti di un ottimo passepartout del guardaroba maschile. L’aspetto principale, da prendere assolutamente in considerazione in questo caso, è decisamente il taglio.
Tra tutti i jeans da uomo, quelli che possiamo dire che vanno per la maggiore essendo ideali sia per uno stile casual che ricercato, sono gli slim-fit. In cima alla catena alimentare del denim, questo modello continua ad essere indossato regolarmente sin dai suoi esordi, soprattutto dai giovani. Questo trend si deve alla loro comodità e alla loro predisposizione ad essere abbinati con qualunque altro indumento. Si possono indossare con una T-shirt con stampa, una polo o un maglione girocollo. Spesso concepiti in confortevole cotone elasticizzato, i jeans di Dondup aggiungono una nota contemporanea a qualsiasi look e offrono una base versatile per la realizzazione di un outfit adatto ad ogni uomo.
Il jeans skinny si caratterizza per vita media, taglio super aderente e stretto alla caviglia e veste a pennello chi ha delle gambe piuttosto sottili. Viene realizzato in un tessuto stretch che permette di sentirsi a proprio agio nei movimenti. La vestibilità dei jeans skinny si sposa bene con diversi look: sia in stile casual/street con t-shirt, anche oversize, oppure camicia, sia con un look più elegante, abbinandolo con scarpe stringate e giacca del completo. A tal proposito la collezione di jeans da uomo di Saint Laurent rappresenta l’intesa perfetta tra linee irresistibilmente affascinanti e la comodità del tessuto stretch, riuscendo a conferire un’anima elegante, casual e sofisticata a questo capo.
Detti anche a sigaretta, i jeans straight sono invece i “jeans per eccellenza”. Si tratta di un modello super classico, né troppo largo, né troppo stretto. Non aderiscono alla gamba e hanno un taglio e una vestibilità regolare. Un esempio classico sono i jeans da uomo di Prada, i quali forniscono sempre una versatilità che incarna alla perfezione l’essenza di ciò che rappresenta questo capo: tra comfort e resistenza è adatto sia per la frenesia della città che per le avventure fuori porta.
Se si è alla ricerca di un taglio meno comune e più indirizzato verso il mondo dello streetwear, bisogna affidarsi invece ai jeans a gamba ampia. Caratterizzati da vita e gamba larga, vestibilità rilassata e cavallo più basso rispetto ai modelli tradizionali, questi jeans rappresentano a pieno l’idea di comfort. Abbinati ad un paio di sneakers e una felpa, i jeans di GCDS da uomo manifestano a pieno un'atmosfera urbana per un'interpretazione irriverente di questo stile figlio degli anni 90’.
Il jeans è il capo che forse più di ogni altro è soggetto di esercizi di stile da parte degli stilisti di tutto il mondo. “Ho un solo rammarico: non aver inventato il jeans” diceva Yves Saint Laurent in un’intervista del New Yorker. “Hanno carattere, modestia, sex-appeal e semplicità. Tutto quello che auguro ai miei vestiti”.
Se lo dice uno dei più grandi creatori di moda del XX secolo, un fondo di verità dovrà pur esserci!